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Blocco stradale e diritto a manifestare
Redazione 27 febbraio 2024 11:05
Pubblichiamo una nota dell'Avv. Giuseppe Romano, dei Giuristi Democratici veneziani

I c.d. pacchetti sicurezza fungono da molto tempo quale biglietto di presentazione del governo in carica e una linea di continuità lega il ‘Conte uno’ all’attuale esecutivo: il tentativo di criminalizzare la protesta. In particolare entrambi hanno cercato di introdurre il blocco stradale con il solo corpo quale condotta di rilevo penale. Potremmo dire che cambia l’orchestra ma non la sinfonia se non fosse che uno dei principali interpreti è il ministro Salvini che allora spingeva la penalizzazione dal dicastero degli interni (per una questione di ordine pubblico evidentemente) ed ora dal ministero delle infrastrutture (per la libera circolazione veicolare).

Il delitto è stato reintrodotto sul finire del 2018 con il primo decreto sicurezza Salvini; è attualmente in vigore ma non prevede quale reato il mero blocco corporale della via che è punito con sanzione amministrativa (riservando la condotta di rilevo criminale all’intralcio con oggetti). Pochi osservatori hanno però notato che già in quel decreto legge (113/18) c’era un documentale riferimento alla penalizzazione di chi scende in strada per protestare. Nella stesura originaria il reato era, infatti, previsto per tutte le tipologie di blocco; esso è poi misteriosamente sparito nei successivi 60 giorni in sede di conversione del decreto legge. In realtà il mistero non è poi così fitto essendo probabilmente intervenuta, nella dialettica parlamentare, qualche voce più qualificata che intravvedeva nell'impostazione una palese rottura costituzionale. A cinque anni di distanza viene ripresentato il medesimo schema nel disegno di legge della futura normativa sulla sicurezza pubblica, dove all’art. 11 (disegno di legge 1660 del gennaio 2024) troviamo la modifica dell’art. 1-bis D.L. 66/1948 sostituendo in ipotesi di blocco con il solo corpo la sanzione amministrativa con il carcere da sei mesi a due anni in ipotesi di concorso di persone. Vediamo in sintesi il percorso del tema.

La norma sul blocco stradale nasce originariamente nel 1948 con il Ministro Scelba e punisce chi ostacola strade ordinarie e ferrate apponendo dei blocchi; ma mai fu prevista la punizione (nemmeno amministrativa) per il mero utilizzo del solo fisico dei manifestanti. Nonostante l’unica condotta storicamente punita fosse la modalità dell'abbandono/apposizione di oggetti atti a bloccare, la normativa fu già così ampiamente contestata e conosce una lunga serie di amnistie per studenti e lavoratori per essa condannati fino a essere di conseguenza depenalizzata nel 1999. Come detto, il reato di blocco stradale viene ri-attualizzato con il decreto legge 113/18 con una pena da 2 a 12 anni di reclusione (nella usuale ipotesi di concorso di persone). Il provvedimento all’art. 1-bis introduce, per la prima volta, la sanzione amministrativa per chi blocca col solo corpo una strada ordinaria.

È fuor di dubbio che la possibile contestazione del reato per gli assembramenti politici si pone come foriera di un inasprimento repressivo con orizzonti sanzionatori del tutto preoccupanti.

Sussistono dubbi in ordine al bilanciamento tra l’esigenza di salvaguardare la libertà di circolazione e la piena attuazione del diritto di manifestare il proprio pensiero, riunirsi e scioperare. L’occupazione di vie pubbliche è condotta commessa storicamente da più persone principalmente in occasione di scioperi o manifestazioni di protesta e viene considerata una modalità di esercizio di diritti fondamentali. Pertanto la depenalizzazione del reato di blocco stradale del 1999 (D.Lgs. 507) è stata interpretata come applicazione del diritto penale minimo che riserva le fattispecie criminose alle condotte lesive di diritti e valori primari dell’individuo. L’avvenuta depenalizzazione si offre come guida all’interprete in relazione alla necessaria determinazione in modo costituzionalmente orientato della reale pericolosità delle condotte descritte, apparendo ragionevole sacrificare i diritti civili laddove, come nel caso dell’ostruzione dei binari ferroviari (che rimase reato) siano in gioco valori non eguali quanto a pericolosità di compromissione del diverso bene tutelato. La tutela di ordine pubblico e sicurezza non può in nessun modo avvenire attraverso una compressione non necessaria dei diritti fondamentali del cittadino, i quali rappresentano il fulcro del dettato costituzionale.

Preoccupa, quindi, che l’attuale governo proponga nuovamente il tema nonostante nei primi cinque anni di adozione la norma abbia già mostrato tutte le sue problematicità, pur prevista per il solo blocco con oggetti.

Vediamo alcuni esempi pratici di frizione evidente tra il libero manifestare e la volontà coercitiva dello stesso esecutivo.

La questione si è posta per la prima volta nel 2019 con le proteste dei pastori sardi per il prezzo del latte. Al fianco dei pastori —che scesero abbondantemente in strada bloccando la Sardegna— c’era anche il nostro ministro Salvini che espresse solidarietà alla rivolta contro la normativa europea in tema. Il dato fornisce un evidente paradosso laddove si consideri che a seguito della protesta si sono aperti una pluralità di procedimenti. Alcuni in sede amministrativa con comminazione di sanzioni se l’invasione stradale era avvenuta con i soli corpi; altri procedimenti invece nel penale qualificando un blocco con oggetti (lo sversamento del latte?).

Alcuni lavoratori della città di Fermo hanno scioperato davanti allo stabilimento per aver perso il posto di lavoro e si sono visti destinatari di sanzione amministrativa per essersi assembrati nella strada adiacente ai cancelli. Ebbene il Giudice di Pace in sede (in diverse composizioni fisiche) ha annullato le sanzioni sostenendo l’ovvia sovra ordinazione del diritto costituzionale alla protesta rispetto la sotto ordinata (nella gerarchia delle fonti) riforma. Interessante notare che il Giudice non ha nemmeno ritenuto di dovesi rivolgere alla Corte Costituzionale: il che rimanda alle attuali polemiche per le decisioni del magistrato di Catania in materia di migranti. L’attacco vigoroso e frontale del mondo politico di attuale maggioranza cui abbiamo assistito in tema di immigrazione contro i giudicanti non si è dato nel caso ora ricordato, essendo la protesta dei lavoratori di più difficile manipolazione; eppure la vicenda interroga parimenti la qualità tecnica di redazione delle norme del nostro legislatore.

Manifestanti su un ponte di futuro passaggio della linea TAV vicentina sono stati oggetto di elevate sanzioni per il blocco, mentre 39 attivisti del clima che bloccarono l’Eni a Marghera sono stati rinviati a giudizio penalmente perché —a differenza di quanto accaduto nel vicentino— hanno steso uno striscione a cornice della protesta (il che asseritamente integra il penale per l’utilizzo di un oggetto). Il Giudice ha poi assolto tutti per mancanza del necessario dolo in capo ai manifestanti, ma resta il dato di un processo imbastito su una normativa pericolosissima. Gli esempi citati potrebbero continuare con il riferimento alle note iniziative degli attivisti per il clima di Ultima Generazione il cui interrompere / rallentare la circolazione veicolare sembra il preciso bersaglio dell’attuale disegno di legge. L’applicazione dovrebbe riguardare altresì i recenti movimenti per l’agricoltura laddove il voluto incolonnamento dei trattori non può non essere astrattamente sussunto nel reato che stiamo indagando.

Come visto, se dovesse passare il provvedimento annunciato si pongono degli evidenti limiti di costituzionalità. Tuttavia, la galleria di esempi citati dimostra che la problematica è già di attualità per le lotte in corso ove alla lesione del diritto di manifestazione si affianca un palese pericolo interpretativo che impone di portare la questione di costituzionalità nei processi pendenti anche sotto altri profili.

Il principio di determinatezza (articolo 25, comma 2º della Costituzione) si sostanzia nell’esigenza che il legislatore delinei la fattispecie in forma precisa e in modo intellegibile così che il consociato possa ragionevolmente prevedere sia la qualificazione che l’ordinamento giuridico conferisce ai suoi comportamenti. Il nuovo reato è a forma sia libera che vincolata, prevedendosi il blocco della strada sia tramite oggetti sia per chi ‘comunque ostruisce o ingombra una strada’. Cosi operando, si crea un'opaca distinzione con la condotta non penalmente rilevante di cui all’art. 1-bis (ostruzione con il corpo). Sul punto è stato osservato che: «Durante una manifestazione, uno sciopero o un assembramento di protesta è difficile comprendere di volta in volta se l’ostruzione o l’ingombro della strada avvenga esclusivamente mediante l’utilizzo del proprio corpo o se, nella concitazione o con l’evolversi della condotta, possano utilizzarsi dei mezzi quali altri autoveicoli o altri oggetti volti alla finalizzazione dell’azione. Ebbene l’interpretazione della norma in esame porterebbe a concludere che, nell’imperversare di una manifestazione, sia tutt’altro che remota la possibilità̀ che si possa passare da una pena massima di 4 mila euro per un manifestante che decida di bloccare la strada con il proprio corpo a 12 anni di reclusione nel caso in cui il medesimo manifestante decida unitamente ad altri di bloccare la medesima strada mediante l’utilizzo dei cartelloni e delle bandiere che fino a pochi istanti prima sventolavano pacificamente, o per restare nel tema della trattazione decida di rendere momentaneamente inagibile la via versando sull’asfalto grandi quantità di latte» (così S.M. Gaias in "Forum quaderni costituzionali", 26.5.'19).

Lo stesso tipo di blocco potrebbe passare da illecito amministrativo a penale «nel momento in cui venga utilizzato uno striscione o un cartellone teso da un lato all’altro della strada ... senza arrecare alcun danno effettivo», ma per esprimere una forma di dissenso che ferma la circolazione sulla via (così E. Verdolini in "Quaderni costituzionali" n. 2/2020, p. 257).

C'è poi la tematica della proporzione della pena che vede un altro elemento di preoccupazione per la riforma del reato di occupazione di edifici soprattutto in contesti di manifestazione e conseguente concorso di persone (su cui torneremo). Non è un caso che se ne occupi l’attuale disegno di legge, ma —anche qui— dobbiamo registrare un medesimo precedente intervento proprio nello stesso decreto sicurezza Salvini del 2018. Per unire il filo tra esecutivi. Stessa orchestra, stessa sinfonia; a noi il compito di fare rete e scrivere nuove armonie.