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Il processo a Fabio Vettorel - Rapporto
Redazione 3 gennaio 2018 17:42
In occasione della ripresa del processo a carico di Fabio Vettorel, pubblichiamo un rapporto delle udienze del 14 e 15 novembre e del 4 dicembre 2017 tenute presso il Tribunale Distrettuale di Amburgo, sezione penale, a cura di Margherita D'Andrea, avvocata, osservatrice per l'Associazione Europea dei Giuristi Democratici ELDH, oltre che per i Giuristi Democratici, impegnati a monitorare il processo.

Processo a Fabio Vettorel, Tribunale Distrettuale di Amburgo, sezione penale.

Report delle udienze del 14 e 15 novembre e del 4 dicembre 2017

Premessa. Fabio Vettorel è stato arrestato il 7 luglio 2017 nella zona di Rondenbarg, mentre si recava verso il centro della città di Amburgo per partecipare ad una delle molte manifestazioni organizzate in occasione del vertice tedesco dei G20. L’attivista di Feltre è stato trattenuto nel carcere minorile di Hanofersand sino al 27 novembre 2017, con l’accusa di “presunto attacco ad agenti di Polizia, in una situazione di particolare gravità”, “disturbo della quiete pubblica” e “tentativo di provocare danni medianto l’uso di mezzi pericolosi”. La custodia cautelare in carcere in attesa di giudizio è stata ritenuta applicabile in considerazione della presenza dei “motivi di sospetto strettamente necessari” (§ 112 Abs. 1Satz 1 StPO) e dell’elemento del pericolo di fuga (§ 112 Abs 2 Nr 2  StPO). In particolare, i motivi di sospetto sono stati individuati nel possesso di un abbigliamento “tipico della scena antagonista” (giacca nera in goretex e sciarpa bianca e nera; scarpe da ginnastica nere, “anch’esse tipiche della scena antagonista” – Corte d’Appello anseatica, delibera del 21/07/17, pag. 2), e nella presunta presenza all’interno del campeggio del “Protest Camp”, allestito per l’occasione presso il Volkspark, ed autorizzato dalla polizia (par. II. b n. 2 del medesimo provvedimento).

Sul pericolo di fuga, la magistratura tedesca ha in principio ritenuto di rilevare come fosse altamente probabile che l’imputato si sottraesse al processo per via del suo “radicamento sociale”, nonché per la prevedibile condanna a una pena detentiva (delibera della Corte d’Appello anseatica n. 1 Ws 73/17, pag. 5). Il parziale cambio di rotta della stessa Corte del 24/11/17 - che ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero confermando l’ordine di scarcerazione proveniente dai giudici distrettuali, altresì aggiungendo degli “oneri” all’imputato utili a “contrastare” lo stesso pericolo di fuga (cauzione di 10.000 Euro e nomina di un procuratore nel territorio di Amburgo) - ha infine permesso a Fabio Vettorel di attendere il giudizio da persona libera. Sul punto, occorre aggiungere che nessun cittadino tedesco, pur arrestato nel corso della medesima manifestazione ed imputato per i medesimi fatti, è stato trattenuto oltre il fermo di polizia. La prossima udienza è fissata per il 3 gennaio del 2018.

Il processo. Nel corso delle udienze di novembre e dicembre sono stati escussi sei agenti delle forze dell’ordine e del gruppo speciale operativo Blumberg, tutti presenti nei dintorni di Rondenbarg al momento delle cariche (intorno alle 6:30 am), ma non tutti attivi nella zona specifica delle stesse. I testi, chiamati a deporre dalla pubblica accusa, hanno fornito alcuni dettagli su sollecitazione della giudice (affiancata da due giudici popolari) e successivamente delle parti, alla luce sia della documentazione in atti ed ancora da acquisire, sia di alcuni video provenienti dalla stessa polizia, in virtù di telecamere posizionate sui caschi degli agenti e sulle autovetture in dotazione. Per quanto riguarda la documentazione al vaglio, una parte è costituita dalle relazioni di servizio redatte dagli agenti presenti, scritte molto dopo i fatti (tra fine agosto e metà settembre) e pertanto, come  osservato dalla difesa, presumibilmente inficiate da vuoti di memoria ed influenze esterne. Un’altra parte riguarda la presenza di “vademecum” e  protocolli radio contenenti tutti gli ordini che nel corso della giornata del 7 luglio sono stati dati agli agenti sul campo. In particolare tali protocolli, rilevanti ai fini di una completa analisi dei fatti, non risultano ancora compresi negli atti del giudizio, e le parti restano tuttora in attesa di poterli consultare, benché su sollecitazione della difesa e della giudice ne sia stata chiesta l’acquisizione agli organi di polizia da parte del pubblico ministero. Peraltro, tale richiesta è stata reiterata dallo stesso organo giudicante nel corso della breve udienza del 14.12, a seguito di una prima comunicazione secondo cui tali protocolli registrati non sarebbero in possesso delle forze dell’ordine.  

Per quanto riguarda i video mostrati, nel primo si vede un gruppo di circa cento persone in corteo, colpite a più riprese da idranti posizionati su un lato della strada ed in modo da non consentire possibilità di fuga se non per via laterale. Tu tali lati si vedono delle ringhiere, a delimitare l’accesso ad un’area di parcheggio sottostante. Alcuni manifestanti, dopo essersi mossi rapidamente per sfuggire agli idranti, sono stati feriti dal crollo di parte delle stesse, come pure confermato dai testimoni. Successivamente, le riprese indugiano sulla presenza di alcuni sanpietrini e lattine posizionati sul selciato. In un altro dei video in esame si riconosce Fabio Vettorel: l’attivista, riparatosi nell’area del parcheggio inferiore, si vede mentre muove le braccia in direzione degli agenti di polizia, nel tentativo di richiamare attenzione sulla presenza di una persona ferita, a terra accanto a lui. Il ragazzo è rimasto tutto il tempo in zona, ed è stato identificato alle 9:10, mostrandosi, come da testimonianza del 4 dicembre dell’agente Gemar, del tutto collaborativo. La ricostruzione dei fatti da parte dei testi escussi ha mostrato una serie di lacune e contraddizioni, derivanti sia dalla naturale difficoltà al ricordo, sia dalle probabili suggestioni sviluppate nel tempo attraverso i dialoghi tra colleghi sulle convulse giornate del summit, rafforzate dalla generale mancanza di relazioni di servizio redatte contestualmente all’evento. Tutti gli agenti, ad ogni modo, hanno dichiarato di non aver visto Fabio Vettorel nel corso degli eventi, mentre sulla presenza di un “blocco nero” di circa duecento persone che compattamente si muovevano verso il centro, le dichiarazioni sono state discordanti. L’ultimo tra i poliziotti in borghese escusso nell’udienza del 4 dicembre scorso, ad esempio, ha sostenuto di non aver visto un assembramento particolarmente rilevante, ma gruppi di persone differentemente vestite, che camminavano  a volto non coperto. Tale deposizione è supportata dai video mostrati in aula. L’agente Thordsen, dal canto suo, aveva in precedenza precisato che l’espressione “blocco nero” si riferiva, nella sua interpretazione, al fatto che i manifestanti urlassero insieme “anticapitalismo” e che in ogni caso la dizione era la stessa utilizzata via radio al momento dell’invio degli agenti nella zona di Rondenbarg. La maggiorparte degli agenti escussi ha mostrato difficoltà ad individuare il punto preciso ove si trovava al momento della carica. Uno di essi nel corso della testimonianza del 14 novembre ha dichiarato di non essersi accorto dell’azionamento degli idranti, benché dai video questo fosse del tutto evidente.

Alcune osservazioni. Le accuse mosse nei confronti di Fabio Vettorel sono in sintesi fondate su una sua ritenuta complicità psichica nei confronti dei disordini della mattina del 7 luglio. Tuttavia, dal dibattimento non è emersa una ricostruzione chiara di quanto effettivamente accaduto a Rondenbarg, e cioè se si fosse in presenza di un “compatto e numeroso blocco nero” che si dirigeva in modo aggressivo, o al contrario si trattasse di gruppi di persone che avanzavano verso il centro in modo non violento. Le immagini riprese dalla postazione delle autovetture e dai blindati delle forze di polizia colgono il momento in cui vengono azionati gli idranti, consentendo di dubitare sulle modalità delle cariche e sui comportamenti violenti effettivamente prodotti. Molti manifestanti sono rimasti a terra immobilizzati prima di essere sottoposti a fermo, come si vede dalle immagini reperite attraverso le telecamere poste sui caschi degli stessi agenti. Altri sono rimasti feriti per il crollo delle transenne, e questo è compatibile con il ruolo di Fabio Vettorel, che ha dichiarato sin dall’inizio di essersi fermato per soccorrere una ragazza ferita, circostanza confermata dalle immagini mostrate in udienza.

Rispetto alla presunta complicità psichica nel reato di violazione dell’ordine pubblico (art. 125 codice penale tedesco) è ritenuta sufficiente dai giudici l’attività del “marciare in gruppo con ostentazione lungo il percorso verso il punto ove sono stati commessi gli atti di violenza” (pronuncia del 24/11/17 della Corte d’Appello anseatica). Ciò se da una parte implica la consapevolezza ed il riconoscimento da parte dei giudici che non c’è stata alcuna condotta violenta da parte dell’attivista italiano (imputato in sostanza per aver “marciato in gruppo”), dall’altra genera dubbi sulla legittimità costituzionale di fattispecie astratte che rischiano di collidere con il principio della libera manifestazione del pensiero, laddove il limite tra la condotta pacifica e lecita e quella violenta risulti del tutto evanescente.

In tal senso, la modifica ai paragrafi 113 e 114 del codice penale tedesco, operata nell’aprile 2017 a ridosso del summit di Amburgo, non permette di sciogliere tali dubbi. Queste due norme e capi di imputazione, infatti, nel disciplinare i reati di “presunto attacco ad agenti di polizia” e “disturbo della quiete pubblica” non reprimono condotte violente tout court nei confronti di un pubblico ufficiale, ma si rivolgono anche a coloro che abbiano “partecipato” a una manifestazione sfociata in scontri con la polizia, indipendentemente dall’aver effettivamente recato a questi offesa. Inoltre, il possesso di oggetti anche solo potenzialmente atti ad offendere viene, in qualità di aggravante, svincolato dalla volontà di recare danno, con un complessivo indeterminato ampliamento delle ipotesi di reato nei confronti delle forze dell’ordine. Per tale ragione, sia la Grundrechtekomitee (Commissione per i diritti fondamentali) che l’Associazione degli Avvocati repubblicani (RAV) hanno stigmatizzato la legge di modifica normativa del codice penale, sostenendone l’incostituzionalità per violazione del principio di uguaglianza formale contenuto nell’articolo 3 della Costituzione tedesca (Grundgesetz).  

E’ evidente, in conclusione, come il rischio di svuotare un principio che è essenza stessa della democrazia - il diritto al dissenso - sia reso via via più elevato dall’eccessiva vaghezza ed indeterminatezza delle norme, potenzialmente idonee non già a reprimere comportamenti violenti, ma a colpire arbitrariamente condotte pacifiche. Tale indeterminatezza e vaghezza rischia inoltre di innescare una pericolosa deriva in termini di partecipazione democratica alla vita pubblica: quanti parteciperebbero ad un corteo se, per evitare di incorrere in una condotta criminosa, dovessero avere la certezza del suo esito, sapere che tutti i presenti condividano le proprie modalità di piazza o che siano assenti infiltrati e provocatori? Ben pochi. Ridotto nelle pieghe di un comprensibile timore di scoprirsi coinvolti in fatti di reato, il principio della libera manifestazione del pensiero ne risulterebbe con ogni evidenza leso, e con esso uno dei cardini dello stato di diritto, quel bilanciamento tra principi fondamentali spezzato in favore della sola tutela dell’ordine pubblico.

29.12.2017

Margherita D’Andrea