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Irak: sparare (senza onore) sulle ambulanze
Redazione 26 agosto 2004 10:43
Domenico Gallo

Il concetto di "onore militare" ricorre frequentemente nei manuali e nei codici militari. Il Codice Penale militare di guerra da un grande rilievo al concetto di "onore militare" e lo fa diventare, addirittura fonte del diritto, in quanto punisce, considerandoli crimini, tutti quegli atti o metodi di guerra, contrari all'"onore militare".

Un po' più difficile è cimentarsi con il compito di definire quali siano i comportamenti che offendono l'onore militare.

Però possiamo essere tutti d'accordo che se c'è un'azione che vilipende al massimo grado l'onore militare, questa azione è l'atto di sparare sulle ambulanze, tanto che l'espressione «sparare sulla Croce Rossa» è diventata una metafora per indicare un comportamento demenziale, vigliacco e ingiustificabile.

Se poi sull'ambulanza, oggetto del nostro "fuoco amico" si trova una partoriente che perde la vita assieme al proprio bambino e ad altre tre persone, allora la cosa diventa ancora più grave.
Per quanto tutto ciò possa sembrare assurdo, proprio questo è l'evento che il giornalista americano Micah Garen aveva scrupolosamente documentato a Nassiriya, intervistando l'autista dell'ambulanza, sopravvissuto, assieme ad altre persone e trasmettendo le immagini dell'automezzo semidistrutto.

Secondo la versione ufficiale, nel corso degli scontri, avvenuti nella notte fra il 5 ed il 6 agosto, i militari italiani avrebbero sventato l'attacco di un'autobomba scagliata contro di loro, facendola esplodere. Il fatto stesso che l'autoveicolo sia esploso costituirebbe la dimostrazione che si trattava di un'autobomba.
Tuttavia la versione ufficiale non è stata supportata da uno straccio di prova, nessuno ci ha trasmesso le immagini del relitto della pretesa autobomba, né ci ha fornito informazioni sulla sorte dei presunti occupanti del veicolo. Invece il coraggioso giornalista americano ha fornito una versione dei fatti accompagnata da documentazione fotografica ed interviste ai testimoni.

Le due versioni concordano solo su un punto: l'autista del veicolo esploso doveva essere un Kamikaze. Infatti soltanto un Kamikaze, avrebbe potuto guidare un'ambulanza e attraversare un ponte sul quale infuriava una battaglia con l'assurda pretesa di portare in Ospedale una donna partoriente.

Poiché sparare sulle ambulanze (e uccidere 4 persone) non è consentito neanche nel Far West Iracheno, le notizie trasmesse dalle televisione e riportate dai giornali in ordine alla ricostruzione dell'evento effettuata da Micah Garen costituiscono, in senso tecnico, «notizia di reato», sulla quale dovrà indagare, e fare piena luce, l'Autorità Giudiziaria competente.

Noi non abbiamo motivo di dubitare che la Procura presso il Tribunale militare di Roma effettuerà tutte le indagini necessarie e opportune. Tuttavia l'esperienza insegna che gli ambienti militari non sempre accettano con serenità il controllo di legalità da parte dell'Autorità giudiziaria, quando sono in gioco questioni di un certo spessore politico, ed a volte alzano un vero e proprio muro di gomma, come insegna la vicenda di Ustica.

Se noi rileggiamo la risposta che il portavoce della missione Antica Babilonia ha dato alle domande sollevate dall'Unità (20 agosto), allora l'impressione del muro di gomma diventa qualcosa di solido.
In questo contesto diventa tanto più inquietante la rilettura delle e-mail in cui Garen racconta il "trattamento" subìto dalla polizia militare italiana, che lo ha interrogato per sei ore, trattandolo come "un criminale".

In effetti non c'è da stupirsi se i Carabinieri hanno interrogato Garen, dal momento che lo stesso ha trasmesso una "notizia di reato". Tuttavia dal testo dei messaggi non sembra che l'interrogatorio subito dal giornalista possa inquadrarsi nell'ambito della dovuta attività di polizia giudiziaria, cioè di quella attività che gli Ufficiali di polizia giudiziaria devono compiere, anche di propria iniziativa, per "prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale" (art. 55 c.p.p.).

Infatti, leggendo in controluce le dichiarazioni rese all'Unità dal portavoce della missione italiana, emerge che la polizia militare italiana, che pure si è impegnata a "torchiare" il giornalista americano per farsi consegnare gli originali delle registrazioni, non ha effettuato nessun accertamento per controllare la fondatezza della notizia di reato diffusa da Garen. Invece, il fatto che Garen sia stato trattato "come un criminale", può essere una spia del disappunto che hanno provato le autorità militari a causa della diffusione di una notizia di cui si voleva impedire la divulgazione, in quanto nuoceva, come in effetti nuoce, all'onore militare del contingente italiano e, ancor più, all'onore politico di coloro che hanno messo gli uomini del contingente italiano in condizione di sparare sulle ambulanze.

Quello che è certo è che su questi fatti non può essere steso un velo di silenzio: su quell'ambulanza c'eravamo anche noi.

pubblicato anche su Unità online dd. 26 agosto 2004

Irak: sparare (senza onore) sulle ambulanze
Domenico Gallo

L'Ambulanza fantasma di Nassiryah


Ogni giorno innumerevoli autobombe si aggirano per le strade delle nostre città e ci sfrecciano davanti senza darci nemmeno la
possibilità di reagire: sono le ambulanze, che trasportano i feriti, gli ammalati, le partorienti.

Se non ci credete, appostatevi con un carro armato AAVP7 ai bordi di un ponte, e quando vedete avvicinarsi un'ambulanza, aprite il fuoco con l'arma di reparto, la mitragliatrice Browning calibro 12,7 e concentratelo contro l'ambulanza che si dirige minacciosa contro di
voi. Nel giro di pochi secondi i proiettili attingeranno il serbatoio della benzina e le bombole dell'ossigeno, con la conseguenza che l'ambulanza salterà in aria come una vera autobomba. I feriti e gli ammalati moriranno arrostiti, ma voi sarete riusciti a sventare un
insidioso attacco da parte di un'autobomba e riceverete anche un encomio dal vostro comandante per il coraggio dimostrato in questa azione eroica.

Questo è proprio quello che è successo a Nassiryah la notte fra il 5 ed il 6 agosto 2004, quando i militari italiani del reggimento
Lagunari Serenissima, schierati in difesa di uno dei tre ponti sull'Eufrate (il ponte Charlie), hanno aperto il fuoco contro un'ambulanza che cercava di attraversare il ponte, con l'ambizione di portare una partoriente a partorire in Ospedale, facendola incendiare
e trasformandola così in una autobomba in procinto di compiere un attentato.

Il giorno dopo la battaglia dei ponti, i comunicati ufficiali ci informavano che i militari italiani che presidiavano il Ponte Charlie,
avevano bloccato un'autobomba diretta contro di loro, facendola esplodere. Tuttavia nei giorni immediatamente successivi è stato
trasmesso dal TG3 delle 19 e poi dal TG2 delle 20 un filmato girato dal giornalista americano Micah Garen, che in quel periodo si trovava a Nassiriya ospite del contingente italiano, in cui veniva intervistato il conducente di un'ambulanza (e mostrato il veicolo
semidistrutto), il quale sosteneva che i militari italiani avevano sparato contro l'ambulanza che trasportava una donna partoriente
all'Ospedale di Nassirìya, provocando la morte della donna e di altre tre persone.

In una dichiarazione resa al quotidiano l'Unità (8/8/2004) il cap. Ettore Sarli, portavoce della missione "Antica Babilonia", smentiva la
ricostruzione dei fatti presentata da Garen, confermando la versione di un'auto esplosa mentre si dirigeva verso la postazione italiana, forse per provocare una strage, ed aggiungeva che il mezzo saltato in aria procedeva a fari spenti ed è esploso quando è stato raggiunto dalle raffiche.

Il 27 agosto del 2004 vi è stata una seduta delle Commissioni Riunite Esteri e Difesa della Camera e del Senato per ascoltare le
comunicazioni del Governo in ordine agli eventi iracheni ed in particolare in ordine alla drammatica vicenda del rapimento e
dell'uccisone del giornalista italiano Enzo Baldoni. Nel corso della seduta alcuni deputati, impertinentemente, hanno chiesto chiarimenti nsull'episodio dell'ambulanza.

Nell'occasione il Ministro degli esteri Frattini, alla presenza del Ministro della Difesa Martino, ha respinto, con indignazione, ogni
addebito, dichiarando che la notizia era completamente falsa.
Testualmente: "è sbagliato ed ingiusto asserire che i nostri militari hanno sparato contro un'ambulanza con una donna incinta a bordo. Semplicemente non è vero."

Purtroppo per Frattini, le bugie hanno le gambe corte ed i fatti (a differenza degli uomini e delle donne) sono duri a morire. Così la vicenda è stata oggetto di accertamento da parte dell'autorità
giudiziaria competente, il Tribunale militare di Roma, che ha voluto vederci chiaro, non fidandosi troppo delle rassicurazioni delle
autorità competenti. Al termine delle indagini preliminari, il GIP, ha disposto la formulazione dell'imputazione di "uso aggravato delle armi
contro ambulanze e contro il personale addetto in concorso" (art. 191 c.p.m.g.) nei confronti dei militari del reggimento lagunari
Serenissima, Allocca Gabriele e Stival Fabio per aver aperto il fuoco contro un'ambulanza irachena e contro il personale addetto, provocando la morte di quattro civili iracheni, fra cui la partoriente (JLUD QUTTI Halema), il fratello (JLUD QUTTI Thaer), la madre (HABSH IRKES Khadmea) ed una vicina di casa (ZYAER THEJELK Khamesa). All'udienza
preliminare gli imputati hanno chiesto il giudizio abbreviato.
All'esito del giudizio, con sentenza emessa in data 9 maggio 2007 il GIP ha assolto Allocca Raffaele e Stival Fabio dal reato di concorso
in omicidio e tentato omicidio plurimo, così diversamente qualificato il fatto loro ascritto, perché persone non punibili per aver ritenuto
di agire in stato di necessità militare.

In altre parole il Tribunale ha stabilito che i soldati che hanno sparato contro l'ambulanza, provocando la morte di 4 persone, non
possono essere puniti per l'omicidio plurimo da loro commesso, perché hanno agito reputando - per errore - di essere stati attaccati da guerriglieri iracheni mascherati da ospedalieri. In questa situazione quello che conta non è la pronunzia di colpevolezza o non punibilità nei confronti dei militari italiani, bensì l'accertamento del fatto storico nella sua effettiva dinamica materiale, cioè l'emersione della verità.

Orbene, attraverso l'accertamento compiuto dall'autorità giudiziaria, è emerso - in modo incontrovertibile - che i fatti si sono realmente
verificati, secondo le modalità indicate da Garen. In particolare dalla sentenza emerge che: "il veicolo colpito era davvero un'ambulanza dell'Ospedale civile di An Nassiriyah, recante gli usuali contrassegni e dispositivi luminosi; a bordo di essa si trovano in tutto sette persone, tre delle quali sedute sui sedili anteriori, ed altre quattro posizionate nella parte posteriore; mentre le prime tre, ai colpi inizialmente indirizzati contro l'ambulanza si salvavano, uscendo e dandosi alla fuga, le altre quattro, purtroppo decedevano".

Per quanto riguarda le cause della morte, l'Autorità Giudiziaria ha accertato che essa "è stata determinata da una forte combustione
attendibilmente divampata a seguito della accensione istantanea del carburante contenuto nel serbatoio dell'ambulanza colpito dal munizionamento tracciante e perforante, utilizzato dai militari italiani; tale combustione è stata ulteriormente alimentata nella parte posteriore dell'ambulanza dalla fuoriuscita dell'ossigeno contenuto in una bombola in dotazione alla medesima, a sua volta raggiunta e perforata da un proiettile."

Non si trattava, pertanto, di un'autobomba che si dirigeva a luci spente verso il contingente italiano, fatta esplodere per sventare un attentato, ma di una ambulanza, che si è incendiata, solo ed a causa delle sventagliate di mitragliatrice, esplose dai lagunari della Serenissima con l'arma di reparto.

E' stato, in tal modo, smantellato il castello di menzogne attraverso il qual si è voluta negare persino l'esistenza stessa del fatto
materiale. E' di tutta evidenza, pertanto, che i ministri Frattini e Martino hanno mentito spudoratamente al Parlamento ed al popolo
italiano, mentre il generale Corrado Dalzini, per completare l'opera, il 28 agosto 2004 consegnava un encomio al maresciallo Stival :"per aver contribuito in maniera determinante al successo dell'operazione."

I leaders politici del polo, con la connivenza dei comandanti militari hanno cercato di seppellire sotto un diluvio di menzogne l'ambulanza di Nassiryah e cancellare le sue tracce di sangue, che sporcavano l'immagine della missione umanitaria. Adesso l'autorità giudiziaria l'ha disseppellita ed i morti sono tornati a galla. Ma nessuno ha sentito il dovere di assumersi la responsabilità di questo tragico evento e di compiere un gesto di riparazione verso le famiglie delle vittime. Infatti, rispondendo ad un'interrogazione dell'on.Elettra Deiana, il Governo per bocca del Sottosegretario Naccarato ha fatto sapere che nessun risarcimento è stato corrisposto ai parenti delle vittime, poiché non si sono costituiti parte civile nel procedimento a
carico dei loro uccisori.

Orbene se sparare sulle ambulanze è un atto di viltà, molto più abietto è infischiarsene e rifiutarsi di compiere il benché minimo gesto di umanità nei confronti delle vittime. Il fantasma dell'ambulanza continuerà ad aggirarsi fra i palazzi del potere ed i suoi morti continueranno a chiederci giustizia.

Pubblicato su L'Unità il 10.12.2007.