Al Presidente Jalal Talabani
Al Primo Ministro Nouri Al-Maliki
Al Ministro della Giustizia Hashim Al-Shilbi
L'Associazione Internazionale dei Giuristi Democratici ha oggi rilasciato la seguente dichiarazione riguardo l'imminente esecuzione di tre giovani donne. Vi chiediamo di tenere conto di tale dichiarazione e di rigettare le previste esecuzioni.
DICHIARAZIONE DELL'ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DEI GIURISTI DEMOCRATICI (IADL) CONTRO LA CONDANNA A MORTE INFLITTA A QUATTRO GIOVANI DONNE IRACHENE
L'Associazione Internazionale dei Giuristi Democratici (IADL), un'organizzazione di giuristi non governativa con affiliati in tutto il mondo e con status consultativo presso numerose Agenzie dell'ONU, incluso ECOSOC, è venuta a conoscenza che un Tribunale iracheno ha condannato a morte tre giovani donne irachene, Wassan Talib, anni 31; Zeynab Fadhil, anni 25, e Liqa' Omar Muhammad, anni 26, e che intende eseguire tali condanne a breve termine.
Sulla base delle informazioni ricevute, IADL chiede che il Governo iracheno revochi immediatamente l'esecuzione di tali donne. Al tal fine, IADL si unisce a tutte le altre organizzazioni di diritti umani e di giuristi che presentano questo appello.
Le seguenti ragioni sono poste a fondamento della domanda:
1. Abbiamo ricevuto informazione che a queste tre donne è stata negata assistenza legale e che le stesse hanno respinto le accuse loro rivolte. Senza avvocati per difendere il loro caso, alle stesse è stato negato il diritto fondamentale ad un giusto processo. Anche solo questa circostanza renderebbe le loro esecuzioni sommarie ed extragiudiziali. Iraq e Stati Uniti, comunque, sono vincolati al rispetto del diritto internazionale dei diritti umani che include l'art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici che garantisce il diritto ad un giusto processo. Inoltre, la pena di morte è stata abolita nella maggior parte dei paesi e IADL si è ripetutamente opposta alla pena di morte in quanto contraria al diritto internazionale.
2. La norma in base alla quale queste donne sono state accusate, l'art. 156 del Codice Penale Iracheno, statuisce: "Qualsiasi persona che commetta volontariamente un atto con l'intento di attentare all'indipendenza del paese o alla sua unità o alla sicurezza del suo territorio . è punibile con la condanna a morte". Questa legge non può essere applicata nel contesto di un'occupazione dove i crimini di cui queste donne sono state accusate sono relativi alla resistenza di fronte all'occupazione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti.
3. Tenuto conto che il diritto internazionale dichiara la legittimità della lotta dei popoli volta ad ottenere indipendenza, unità nazionale, liberazione dalla dominazione coloniale e straniera e dall'occupazione straniera con tutti i mezzi disponibili, inclusa la lotta armata (Cfr. Risoluzione dell'Assemblea Generale dell'ONU n. 37/43 adottata in data 3 dicembre 1982), è illegale che il Governo iracheno abbia processato queste persone in un Tribunale iracheno. Se dovevano essere detenute avrebbero dovuto essere considerate prigioniere di guerra con tutte le protezione della Terza Convenzione di Ginevra. Secondo questa Convenzione non possono essere processate e condannate a morte sommariamente.
4. Iraq e Stati Uniti sono, inoltre, vincolati al rispetto del diritto internazionale umanitario. Comunque vengano considerate queste donne, combattenti o civili, esse hanno diritto ad un'assistenza legale indipendente (art. 99 Terza Convenzione di Ginevra e art. 113 Quarta Convenzione di Ginevra).
5. Inoltre, queste donne sono state detenute nella prigione di Baghdad, Al-Kadhimiya. Due di esse hanno figli piccoli, e la figlia di un anno di Liqa è nata in prigione. Mentre la comunità internazionale respinge fermamente ed in ogni caso la condanna a morte, l'art. 3 della garanzie di protezione dei diritti delle persone condannate a morte (così come previste dalla risoluzione 1984/50 ECOSOC, adottata 25 maggio 1984) stabilisce che la condanna a morte non può essere inflitta alle giovani madri; l'art. 5 stabilisce che la pena di morte non può essere inflitta se non a seguito di un giudizio reso da una Corte competente e dopo un procedimento che garantisca il rispetto dei diritti; l'art. 6 delle garanzie di protezione stabilisce che ogni condannato a morte ha diritto ad appellare la sentenza e l'art. 8 rende illegale l'esecuzione in pendenza di giudizio d'appello.
Alla luce di quanto sopra,
IADL CHIEDE che il Governo Iracheno rigetti le condanne a morte di queste donne e garantisca alle stesse le protezioni previste dal diritto internazionale umanitario.
Jitendra Sharma, Presidente, IADL
Jeanne Mirer, Secretaria Generale, IADL
21 febbraio 2007
L'appello dell'Associazione Internazionale dei Giuristi Democratici (IADL) per fermare le condanne a morte comminate in Iraq contro giovani madri che non hanno avuto diritto nemmeno alla difesa.