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Sulla proposta di modifica della normativa sugli stupefacenti
Redazione 5 dicembre 2003 18:41
Comunicato del 05.12.2003 del Coordinamento Nazionale dei Giuristi Democratici sul preoccupante progetto governativo che apre la via all'intolleranza e alla repressione

Il Coordinamento Nazionale Giuristi Democratici esprime forte preoccupazione
per la recente presentazione del progetto di legge governativo recante modifiche
al Testo Unico in materia di stupefacenti. Non è infatti accettabile, nè sul
piano giuridico nè su quello scientifico, la reintroduzione del criterio della
dose media giornaliera, già presente nella l. 685/'75, per determinare
l'applicabilità o meno della sanzione penale, che tornerebbe ad essere
comminata ad un numero indeterminato di persone tossicodipendenti, colpevoli di
avere detenuto sostanza stupefacente per uso personale in misura non conforme ad
un desueto parametro normativo.
L'effetto conseguente sarebbe soltanto di tipo repressivo, con un aumento
esponenziale del numero dei procedimenti penali e delle presenze nelle carceri,
la cui attuale situazione di sovraffollamento e invivibilità non può non essere
conosciuta dai fautori delle annunciate modifiche.
E questo si porrebbe tra l'altro in contrasto con quell'obiettivo di arrivare ad
un" diritto penale minimo", che pare perseguito solo con riferimento a ben
individuate categorie sociali.
L'assuntore di sostanze verrebbe ad essere di nuovo punito per la sua
condizione personale, dimenticando che nel 1993 l'esito del referendum popolare
aveva sancito esattamente il contrario, e non a caso dopo che dal 1990 la legge
Jervolino-Vassalli aveva ulteriormente inasprito, senza esiti apprezzabili, ma
anzi devastanti, la repressione dei soggetti più deboli.
Al di là delle previsioni di favore per tutti coloro che vorranno intraprendere
o saranno già sottoposti a programma terapeutico, compreso il riconoscimento
automatico del vincolo della continuazione per i reati commessi in relazione
allo stato di tossicodipendenza, è del tutto evidente che, ancora una volta, di
fronte alla incapacità e/o difficoltà di risolvere un drammatico problema
sociale, che coinvolge in primo luogo le persone tossicodipenti e le famiglie,
la la scelta è ancora quella della risposta penale nei confronti di coloro che
ne sono vittime.
Non solo uomini e mezzi verranno distolti da compiti ben più importanti, quali
la repressione del narcotraffico, secondo un copione già visto con la legge
Bossi-Fini, ma la filosofia, falsamente rassicurante, che permea il progetto di
legge, e che tende ad unificare le droghe leggere e quelle pesanti, propone una
lettura semplicistica del problema, e rimuove come un inutile orpello tutti
gli sforzi di quell'approccio realistico e razionale che ha caratterizzato le
pratiche di riduzione del danno.
Retaggio del passato, alla lettura della relazione che illusta il progetto,
appaiono gli sforzi giuridici in tema di liberalizzazione delle droghe leggere
e di legalizzazione di quelle pesanti, anche in rapporto a consolidate
esperienze di altri paesi europei, capaci di incidere davvero sul mercato
criminale della droga e di contenere ed anche diminuire i casi di
tossicodipendenza.
La strada verso l'intolleranza che si vuole perseguire aprirà nuovi spazi di
invasività della vita privata dei cittadini consumatori, senza nessuna reale
capacità di incidenza sul fenomeno, ed ancora una volta la politica, con piena
consapevolezza, avrà utilizzato il diritto penale come inefficace e doloroso
rimedio ad un problema sociale .