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Sui fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere
Redazione 30 giugno 2021 12:16
Comunicato stampa
Lo spaccato di “vita carceraria” che emerge dal lunghissimo comunicato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di S.Maria Capua Vetere sulle misure cautelari richieste e disposte nei confronti di ben 52 appartenenti all’amministrazione penitenziaria per quanto avvenuto nella locale Casa Circondariale nell’aprile 2020, è davvero inquietante. 
Tortura è certamente la parola giusta per descrivere il trattamento che un manipolo di agenti ha riservato ai detenuti che avevano “osato” protestare per le misure restrittive della socialità imposte in carcere e per la mancata prevenzione della pandemia nel momento di maggior sviluppo e preoccupazione generale: i pestaggi operati il 6 aprile 2020 all’interno della Casa Circondariale di S.Maria Capua Vetere, ai danni dei detenuti costretti a passare tra le forche caudine di agenti che li colpivano con manganelli, pugni, calci, schiaffi, la costrizione a rimanere prolungatamente inginocchiati mentre gli agenti li picchiavano sono immortalati nelle immagini della videosorveglianza sequestrati e visionati nel corso delle indagini, dice il comunicato della Procura. L’esame degli smartphone sequestrati agli agenti indagati ha poi aggiunto alla violenza dei manganelli quella delle rasature forzate di barba e capelli, quella della terminologia animalesca per descrivere i detenuti (riportiamo, per decenza, solo alcuni dei messaggi citati dal comunicato della Procura: “Allora apposto domani chiave e piccone in mano"; "li abbattiamo come i vitelli" .... "Allora non passa nessuno", "Casino lo faranno ai passeggi perché sul piano se escono dalla cella 3 cretini e vogliono fare qlc ci sono i colleghi di rinforzo, saranno subito abbattuti"; "Ok domate il bestiame”). 
Frasi e immagini che ovviamente riportano alla mente quanto tutti ormai sappiamo essere avvenuto vent’anni fa a Genova, nella caserma/carcere di Bolzaneto, richiamate persino nella terminologia nell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che definisce i fatti di S.Maria Capua Vetere “senza tema di smentita, uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni dei detenuti in uno dei più importanti Istituti penitenziari della Campania" , "un vero e proprio uso diffuso della violenza, intesa da molti ufficiali ed agenti di Polizia Penitenziaria come l'unico espediente efficace per ottenere la completa obbedienza dei detenuti", nonché "una orribile mattanza".
E, come per l’indagine su Bolzaneto (e molte altre relative a fatti di violenza commessi da pubblici ufficiali) l’ordinanza dà atto di tentativi di sviare indagini, di impedire individuazione dei responsabili, di costruire giustificazioni con accuse infondate nei confronti dei detenuti massacrati. E, come sempre, gran parte dei massacratori non sono individuabili, grazie all'uso degli anonimi "mezzi di protezione" in dotazione.
Vent’anni dopo, questo è ancora possibile negli istituti di detenzione del nostro Paese. Questo è il problema, a cui si aggiunge la “solidarietà agli agenti” della destra; in un simile contesto, dall'attuale Ministra della Giustizia, che sul tema ha mostrato una sensibilità senz'altro superiore a quella di chi l'ha preceduta, è ora lecito attendersi un intervento più incisivo della dichiarazione di prammatica di "fiducia nel corpo della Polizia Penitenziaria".
Crediamo a tal punto sia giusto e indispensabile affermare oggi, con forza, il principio per cui l’indossare una divisa non comporta alcuna esenzione dal dovere di rispettare i diritti umani, ovunque, ed a maggior ragione per chi ha l’uso legittimo delle armi, in luoghi in cui le persone sono private della libertà e della possibilità di tutela. Perché non è un caso che a fronte di un massacro di questa portata, le denunce dei detenuti siano state poche e sofferte, e pochissime le voci che si sono levate a condannare apertamente la violenza bruta e organizzata messa in atto da un numero spropositato di agenti.
Di più, crediamo che chi risulti responsabile di quest’ennesima mattanza debba essere quanto meno destinato a compiti che non prevedano in alcun modo la custodia di soggetti privati della libertà personale. 
 
30 giugno 2021
ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI