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Tribunale per l'Iraq - Fabio Marcelli
Redazione 1 luglio 2005 09:56
Di fronte alla rimozione apparentemente operata della guerra in Iraq, dei crimini commessi e che si continuano a commettere nel suo contesto, dell'occupazione illegittima, la riunione del Tribunale mondiale sull'Iraq che si è svolta ad Istanbul da venerdì a domenica scorsi ha rappresentato un importante segno di controtendenza e di ripresa dell'iniziativa.

già pubblicato su il Manifesto
mercoledì 29 giugno 200

Di fronte alla rimozione apparentemente operata della guerra in Iraq, dei crimini commessi e che si continuano a commettere nel suo contesto, dell'occupazione illegittima, la riunione del Tribunale mondiale sull'Iraq che si è svolta ad Istanbul da venerdì a domenica scorsi ha rappresentato un importante segno di controtendenza e di ripresa dell'iniziativa. Innanzitutto per il suo successo, con la partecipazione di centinaia di partecipanti da tutto il mondo. Poi per il livello elevato degli interventi e delle testimonianze che si sono succeduti. Giuristi come Richard Falk e Phil Shiner (che ha promosso con altri giuristi britannici il ricorso alla corte penale internazionale contro Blair), ex rappresentanti Onu come Hans von Sponeck e Dennis Halliday, intellettuali come Samir Amin e Johann Galtung, ma soprattutto la voce del popolo iracheno, con interventi che hanno analizzato i differenti aspetti della guerra e dell'occupazione, dalle problematiche di genere ai danni inflitti al patrimonio archeologico e culturale, dall'ambiente all'indebita appropriazione delle risorse naturali. Un ulteriore pregio del Tribunale è stato il costituire un luogo di collegamento e confronto fra il movimento pacifista internazionale e la resistenza del popolo iracheno. Indiscutibili sono le ragioni giuridiche che tali movimenti possono addurre. Chiara e ingiustificabile appare infatti la violazione della Carta delle Nazioni unite da parte degli aggressori e occorre al più presto porre fine all'illecita occupazione dell'Iraq e alla conseguente appropriazione delle sue risorse. Occorre al tempo stesso ripartire da Norimberga, che come ricordato da Falk non fu affatto pensata come imposizione del diritto da parte dei vincitori, ma come affermazione di principi universali.

Il tribunale di coscienza ha pertanto chiesto che Bush, Blair e gli altri politici responsabili siano chiamati a render conto dei loro crimini. Si tratta beninteso di un tribunale di opinione: ma la storia insegna (basti pensare al Tribunale Russell contro la guerra nel Vietnam) quanto possa essere valido il ruolo di una struttura del genere per ampliare l'opposizione dell'opinione pubblica mondiale alla guerra e ai crimini che l'accompagnano. Il tribunale ha del resto indicato, in una serie di raccomandazioni allegate alla sua sentenza, quali azioni siano da intraprendere per dare forza concreta al suo verdetto, come il boicottaggio delle multinazionali che hanno profittato del conflitto o una campagna mondiale per il ritiro delle truppe.

L'Associazione internazionale dei giuristi democratici e l'Associazione europea dei giuristi per la democrazia e i diritti umani nel mondo lanceranno a loro volta un appello a tutti i giuristi e le organizzazioni di giuristi affinché in ogni possibile sede legale nazionale ed internazionale vengano affermate l'illegalità della guerra e dell'occupazione, vengano risarciti i danni inflitti al popolo iracheno e ad altre vittime del conflitto e vengano perseguiti gli individui responsabili dei crimini, primi fra tutti George W. Bush e Tony Blair. Bisognerà che anche in Italia il movimento pacifista si misuri con queste proposte costituendo un'adeguata sede di confronto ed iniziativa in merito.

* vicesegretario Associazione internazionale giuristi democratici